Media House nel calcio: dalla Roma all’Inter, passando per Barcellona e Bayern Monaco
Si sente parlare spesso di media house nel calcio, alludendo ai club con un team comunicazione e marketing ben strutturato, quando invece la “vera” media house contempla un mindset specifico, una strutturazione dell’organigramma e una location che spesso e volentieri richiede un investimento economico iniziale ingente.
Quali sono quindi, le media house nel calcio?
Se facciamo un passo indietro, esattamente al 2009, anno di creazione delle prime pagine Facebook dei club di calcio, possiamo notare come questi canali venissero usati come semplice amplificatore della comunicazione istituzionale e informativa della squadra.
Negli anni si sono evoluti i social e di conseguenza l’utilizzo e l’esperienza degli utenti. Come un effetto domino, anche i club hanno cominciato a cambiare il tipo di produzione. Quando la domanda di contenuti aumentava, e i classici uffici stampa non possedevano al suo interno skills per produrli, è stato inevitabile un cambio di prospettiva.
In questo senso le strade da percorrere erano due: ampliamento con nuove figure nello staff comunicazione, o collaborazioni con agenzie esterne e content manager. Ma la quantità e la qualità necessaria per la gestione digital di un grande club oggi, dimostra come le 2 forme appena citate spesso e volentieri siano protagoniste di contaminazione.
E poi, creando un ennesimo passaggio che ribalta totalmente il paradigma, si arriva alla media house nel calcio, che per dirlo usando un’espressione tanto cara all’Inter, is not for everyone.
AS Roma: il primo esempio di media center in Italia
“Roma is not only football is a multimedia entertainment company”.
La vision di Pallotta era ben chiara dal suo arrivo alla Roma: i risultati in campionato e in coppa sono volatili, le attività di branding e monetizzazione meno, anche se i risultati aiutano.
La Roma è il primo caso ben strutturato di media house nel calcio italiano. Quando in società si decise di rivoluzionare la location degli uffici operativi e comprarne altri nel quartiere EUR, una delle prima cose fatte a livello logistico secondo quanto hanno ho appreso dagli addetti ai lavori, è stato l’abbattimento dei muri tra un reparto e l’altro del club.
Se è vero che media house vuol dire anche mindset e filosofia, per far ciò che questo si realizzi, tutti i reparti di una media company devono dialogare e contaminarsi tra oro.
L’arrivo di Paul Rogers per quanto riguarda la comunicazione, fu l’atto che certificò l’intenzione della Roma e della proprietà guidata da Pallotta (lo stesso Rogers lasciò il club con l’arrivo del gruppo Friedkin). A livello pratico questi stravolgimenti portarono a riunire sotto una sola “casa” radio, tv e social media, con questi ultimi che sono diventati un must negli account gestiti in varie lingue straniere.
Il Media Center è il fiore all’occhiello del club capitolino. Costato circa un milione di euro di investimento, è stato volutamente realizzato all’interno del centro sportivo di Trigoria, in modo da essere a stretto contatto con la squadra e avere così la possibilità di creare quotidianamente nuovi contenuti con protagonisti i calciatori e lo staff tecnico.
“Un Media Center così non ce l’ha nessuno. Neanche il Manchester”.
Era stato proprio l’ormai ex Head of Strategy & Media del club Guido Fienga a presentare così il progetto del Media Center della Roma nel lontano 2014.
Se non puoi colmare il gap sul campo con le altre squadre, ora puoi provare a farlo fuori dal campo.
Inter Milan: Inter Media House dal 2017
Annunciata ufficialmente nel 2017, Inter Media House è uno dei primi progetti di questo tipo in Italia.
Chi se non l’Inter, che porta già nel nome una certa dose di internazionalità, doveva strutturarsi con questa filosofia, per raggiungere un pubblico globale e per veicolare i propri valori nel mondo.
Già nel 2017, il claim con cui veniva lanciata la nuova casa di produzione di contenuti e strategie di digital marketing interista, ne faceva intuire obiettivi e visione: Inter Media House, always with you.
Inter Media House è un progetto del club milanese volto ad aumentare la creazione di nuovi prodotti, sfruttando la comunicazione per avvicinare i tifosi ai loro eroi durante l'allenamento e il giorno della partita.
L’obiettivo è “coprire” la vita del club da ogni angolazione, oltre a strutturarsi per le sfide innovative del presente come Realtà Virtuale e Aumentata, Metaverso e gestione dei digital asset della squadra.
Durante un panel del Social Football Summit 2021 dedicato proprio alle Media House nel calcio, il direttore di Inter Media House Roberto Monzani ha raccontato l’esperienza nerazzurra sotto questo punto di vista: “L’Inter è un brand che vuole essere globale e rappresenta valori internazionali. Abbiamo fatto un grande lavoro sui contenuti anche nel mondo arabo dove c'è una grande fetta della fanbase. Ci vuole attenzione per i tifosi non italiani. Vincere sul campo è importante e ha aiutato il processo di rebranding.
Il video celebrativo dello scudetto è stato il più visto della nostra storia. Per quanto riguarda il nostro piano editoriale ragioniamo dividendo tra contenuti festivi e feriali e cerchiamo di valorizzare i key moment. La Media House vuole porsi oltre il calcio".
Grazie al lavoro di Inter Media House il club ha potuto ideare, produrre e distribuire prodotti come il podcast ufficiale, campagne di fan engagement come “Inter Born”, ideata per i 112 anni della squadra, così come gli iconici video di presentazione dei nuovi acquisti di calciomercato, ma anche contenuti dedicati ad argomenti distanti dal calcio (design, moda, architettura) ma in linea con il contesto di appartenenza, per attirare attorno ai valori del club un nuovo pubblico.
Senza dimenticare però che i social e i contenuti veicolati su queste piattaforme devono sempre essere considerati un mezzo per entrare in contatto con i propri tifosi e condurli sulle piattaforme proprietarie del club, come l’applicazione ufficiale, la OTT o le piattaforme di fan engagement in house, perché il fine ultimo è, e sarà sempre, la monetizzazione (i club sono delle aziende).
Da oltre 4 anni e dopo più di 30mila contenuti a stagione distribuiti, Inter Media House accompagna i fan nerazzurri di tutto il mondo non solo durante i 90' degli incontri.
Milan: ecco i The Studios, la Media House rossonera
L’ultima arrivata nel calcio italiano a dotarsi di una Media House è il Milan, con un annuncio nel 2021 fatto quasi a ridosso della sfida con l’Inter a febbraio, così da averci permesso di creare la suggestione del derby delle media house.
I The Studios diventano così il luogo in cui il Milan centralizza la creazione, la produzione e la distribuzione di tutti i contenuti audiovisivi del club.
Nel contesto di un'industria sportiva in evoluzione che si sta spostando sempre più verso il settore dell'intrattenimento, la creazione dei nuovi Studios all'avanguardia rappresenta il culmine di un processo di digitalizzazione biennale intrapreso dal club dall'arrivo della nuova proprietà nel 2018.
Gli Studios si trovano al primo piano di Casa Milan (sede dell'AC Milan a Milano) un'area di oltre 1.000 mq progettata per essere uno spazio innovativo per la produzione, creazione e sviluppo di contenuti coinvolgenti, utilizzando tecnologia 100% IP based. Il nuovo concept punta a rivoluzionare il consumo di contenuti per gli oltre 500 milioni di tifosi rossoneri nel mondo.
Gli Studios: Milan Media House dispongono di tre set direttamente collegati con la sala conferenza stampa di Milanello e sono dotati di tecnologie all'avanguardia, tra cui telecamere 4K e display LCD-LED. Le operazioni sono gestite da una sala di controllo con sette postazioni di lavoro. È inoltre disponibile un'ulteriore stanza per i voice-over per i commenti delle partite e la registrazione di podcast.
Interessante come nella nota ufficiale di presentazione, il Milan ci tenga a specificare che la media house del Milan è disponibile al noleggio a terze parti. Sta anche in questo dettaglio una delle chiavi di lettura delle media house: nuove fonti di monetizzazione prima impensabili.
D’altronde un club di calcio che si struttura con una media house può posizionarsi e permettersi di diventare la casa di produzione per i propri sponsor o brand che non fanno parte della propria “scuderia”, creando magari le basi per una relazione commerciale futura, o mettere in connessione tra loro i diversi marchi e brand che ruotano attorno alla squadra.
Dopo la nuova app, il restyling realizzato insieme allo studio londinese DixonBaxi nel 2019, la collaborazione con ROC NATION e l’apertura dei canali TikTok e Twitch, la nuova media house, il Milan ha ultimato la prima fase di trasformazione digitale.
LaLiga: il modello per esportare il brand nel mondo
Come ho raccontato nella parte del libro Media House dedicata ai casi studio del mondo del calcio, LaLiga risulta essere l’esempio più affascinante, dato che non si tratta di un modello organizzativo pensato per un solo club, ma bensì per una lega di calcio, quella spagnola.
Nel 2013, quando i vertici della lega spagnola rappresentati dal presidente Javier Tebas, oggi uno dei personaggi più influenti nel mondo del calcio, decidevano di avviare il processo di internazionalizzazione, i canali de LaLiga contavano 3.9 milioni di follower che oggi sono invece più di 100 milioni (99.6 milioni, come mostrato nella grafica realizzata con il supporto di Social Media Soccer, solo sui social più comuni in Europa).
Nella stagione 2018 – 2019 gli account hanno fatto registrare il picco di crescita annuale di follower più elevato di sempre: +28.3 milioni in una sola stagione.
Dal 2013 a oggi, dai circa 3 ai più 100 milioni di follower, ci è passata nel mezzo una strategia ad ampissimo raggio.
Per sviluppare una crescita del brand a livello globale LaLiga ha aperto nel corso di questi anni circa 50 uffici nel mondo, con altrettanti delegati che lavorano per sviluppare attività offline e di brand awareness direttamente sul posto.
In questi anni, a livello digitale LaLiga è riuscita a superare dei colossi come la NBA e la Premier League su piattaforme come Facebook, le due manifestazioni col maggior appeal quando parliamo di basket e calcio.
Negli ultimi mesi del 2019 LaLiga ha tagliato un altro traguardo memorabile: più di 100 milioni di download dell’applicazione ufficiale.
La qualità del lavoro compiuto dalla lega spagnola sta però nello sforzo digitale e ovviamente negli investimenti realizzati per coprire davvero tutto il mondo con i propri canali ufficiali.
L’impiego ingente di risorse è sia verticale che orizzontale: ad oggi LaLiga conta canali in 15 lingue (da quelle latine a quelle nordiche, dalle asiatiche al canale in ebraico), 22 profili social di cui 11 su Twitter in lingue diverse, alla presenza su piattaforme non presenti o diffuse nel mercato europeo come le asiatiche Line, Weibo, Wechat, Douyin, Toutiao sino alle due piattaforme russe, ovvero VKontakte e OK.
Quasi dimenticavamo.
LaLiga è il primo canale che può vantare il raggiungimento dei 5 milioni di iscritti su Youtube, account ufficiale in cui è possibile trovare tutti i contenuti video che un utente potrebbe desiderare. Una attivazione su tutte è diventata meritevole di attenzione e idonea a inserirsi nel discorso sulle media house nel calcio.
Mi riferisco a LaLiga Experience, un progetto che sarebbe stato impraticabile senza il supporto capillare di tutti i professionisti assoldati da LaLiga.
LaLiga Experience è un progetto che punta a raggiungere un pubblico globale attraverso la narrazione messa su da influencer di tutto il mondo, assoldati dal campionato spagnolo per migliorare l’appetibilità del torneo all’estero.
LaLiga ha coinvolto 47 influencer provenienti da 40 Paesi diversi, in collaborazione con 37 broadcaster internazionali. Gli influencer hanno viaggiato in 10 città (13 sono stati i club coinvolti) per un totale di 18 esperienze (e quindi tipologie di storie).
Tramite questa iniziativa, volta a far scoprire ai diversi influencer e quindi ai rispettivi fan, gli aspetti di tradizione e cultura locale delle città impegnate nel campionato, LaLiga ha dialogato con le fanbase dei protagonisti che in aggregato vantano 62.8 milioni di fan.
Un grande esempio di come offline e online incrociano la propria natura per dare il via a una narrazione di brand cross-mediale. Efficace per veicolare i valori del brand in poco tempo e su territorio esteso a una community eterogenea e globale.
Barcellona: i Barça Studios come al cinema
Con il Barcelona entriamo nel dettaglio in quello che è, con molta probabilità, il progetto di riorganizzazione dell’area media più importante visto sino ad ora nel mondo del calcio.
Parliamo della costruzione dei Barça Studios proprio da parte del club catalano.
Il nome non è solo un’allusione. I Barça Studios sono una vera e propria casa di produzione cinematografica di proprietà del club, istituita per ottimizzare e intensificare la produzione di contenuti multimediali dei blaugrana.
Un perimetro di 2.000 metri quadrati forniti di due studi con realtà virtuale, una “editorial room” da 150 metri quadrati, 3 sale per le riunioni, uffici di produzione da 70 metri quadrati, 8 cabine di commento, 12 postazioni per la post-produzione dotate di pc e software, 6 stanze adibite solo al video editing, 4 postazioni dedicate alla post-produzione del suono.
Il Barcelona è forse un esempio che supera addirittura il concetto stesso delle Media House nel calcio. Tutto questo per:
- Centralizzare la produzione (e quindi ridurre i costi)
- Diventare una casa di produzione per i propri sponsor
- Sostenere l’elevata produzione di contenuti (15-20 contenuti video al giorno)
- Avere un asset che crea valore di brand a bilancio
L’esempio migliore per far comprendere il potenziale di produzione di una media house è sicuramente quello di matchday: il documentario autoprodotto dal Barcellona e venduto a Rakuten TV (sponsor del club).
Un documentario impostato a livello narrativo sui match key della stagione 2018-2019 che ha permesso a Rakuten TV di ottenere un numero di lead e insight sulla piattaforma da sfruttare per una successiva operazione di remarketing.
Bayern Monaco: il media lab del futuro
FCB Digital & Media Lab è operativo dall'inizio della stagione 2018/2019, con Michael Fichtner come vicedirettore generale e capo della sezione IT.
La gestione, le attività editoriali e la produzione avranno sede presso la struttura di allenamento del Bayern in Säbener Straße.
Il Bayern Monaco nel corso dell’ultimo decennio ha dimostrato grande stabilità economica e diligenza negli investimenti sul campo e in innovazione fuori dal rettangolo verde. Non poteva quindi mancare all’appello nel discorso media house con un Media Lab che punta enormemente sull’aspetto tecnologico.
Non è un caso, infatti, se i tedeschi vantano tra i loro partner nomi come SAP e Amazon Web Service.
Il modello del Bayern Monaco non si differenzia particolarmente da quelli già citati, ma la sua unicità sta in una parte della visione. Nel consiglio d’amministrazione del club sono abbastanza sicuri che un’organizzazione simile potrà permettere alla società di raggiungere un obiettivo che potrebbe sembrare utopistico ma al quanto affascinante: in casa Bayern vogliono essere pronti in futuro ad autoprodursi i match di campionato.
Qualora un club di calcio dovesse riuscire a ribaltare il paradigma dei diritti tv acquistati ad un broadcaster, il Bayern vuole farsi trovare pronto e capace di rivestire questo ruolo, diventando così l’unico proprietario delle occasioni di monetizzazione derivanti dalla trasmissione delle partite.
Gli altri casi di Media House
Il Parma, che nel 2021 ha raggiunto oltre 1 milione di follower sui vari canali social, ha annunciato con una nota ufficiale sul proprio sito che la volontà di rafforzare l’area digital con degli investimenti che culmineranno nella creazione della Parma Media House, con un focus sullo sviluppo dei contenuti per i canali digital ufficiali della società.
Il Como invece, ha alle spalle una proprietà (SENT Entertainment) specializzata nella produzione di contenuti nel mondo dell’intrattenimento. L’idea è sicuramente quella di rendere il club una media company capace di competere con i club più blasonati.
Già dalla prima stagione in Serie C dei proprietari inglesi, il Como ha mostrato un’enorme attenzione alla comunicazione, considerando la categoria, oltre ad essersi dotata di studi televisivi e una OTT che in realtà opera anche nell’acquisto di diritti tv di competizioni internazionali come la Coppa America. L’idea è chiara: attirare insight di un distribuito in tutto il territorio globale a cui non solo vendere il “Como squadra di calcio”, ma la città e tutto ciò che può offrire l’hinterland dal punto di vista turistico.
Tra i vari casi di media house nel calcio ampiamente trattati poi, non possiamo dimenticare il filone inglese. I top club di Premier League sono praticamente tutti riorganizzati col modello della media house. Chelsea, Arsenal, Manchester City e United, ma ognuna di essa merita un capitolo a parte.
Sempre restando in Italia invece, occhi puntati sulla crescita futura del progetto di Lega Serie A.
La massima serie di calcio italiana ha da poco aperto le porte dell’IBC di Lissone. L’International Brodcast Center di 2.400 metri quadrati distribuiti su due livelli, in cui viene centralizzata tutta la gestione del VAR e si riunisce tutto il team di Lega Serie A.