Se esiste la Champions è grazie al Wolverhampton
Dopo le recenti, ottime, vittorie dell’Ungheria contro Bulgaria e Estonia, Rafael Leao, stella portoghese del Milan, è rimasto talmente tanto ammaliato dal magiaro Dominik Szoboszlai da invitare il giocatore del Lipsia a scegliere i Rossoneri come prossima tappa della propria carriera.
“Come to Milan”. Un commento apparentemente semplicissimo in un post su Instagram del centrocampista, ma al tempo stesso capace di unire la modernità data dall’uso dei social e del digitale e di quanto influente sia stata (e forse ricominci ad essere) l’Ungheria per il calcio europeo.
Budapest rappresenta infatti un gigante dormiente dello sport comunitario, la classica Nazionale appartenente al calcio che fu e ricordata con nostalgia dai nostri nonni. La patria di Puskas, Nandor Hidegkuti e Sandor Kocsis, dei giganti ungheresi in grado di travolgere l’Inghilterra nei suoi anni migliori, quegli anni ‘50 che portavano a collocare gli inglesi al centro del mondo, prima delle sconfitte per 6-3 a Wembley e 7-1 pochi mesi dopo proprio contro i magiari.
Per una realtà calcistica che grazie al proprio fiore all’occhiello nazionale rappresentato dalla società Honved, a sua insaputa, è stata in grado di stringere un rapporto intrinseco e storico con un club anglosassone, i Wolverhampton Wanderers, anch’essi legati al declassamento portato dal tempo, dai campionati vinti consecutivamente all’attuale 13° posto in Premier League.
Due realtà vicine per fato sportivo, ma distanti per grandezza e geografia, unite per sempre da un’amichevole nata per celebrare l'installazione dei riflettori al Molineux Stadium, casa degli arancioneri, ma finita con l’idea di un giornalista francese di fondare una competizione europea tra i migliori club calcistici del continente. Quella che oggi chiamiamo UEFA Champions League.
La storica amichevole del 1954
Sono passati la bellezza di 69 anni, ma le squadre inglesi continuano a farsi promotrici dell’innovazione applicata al calcio. Se oggi ci riempiamo gli occhi con la polifunzionalità del New White Hart Line, infatti, all’epoca a prendersi la scena era il Molineaux Stadium del Wolverhampton, capace di installare i riflettori a bordo campo, rendendo possibile le partite in notturna.
Passo che i dirigenti del club pensarono fosse lecito celebrare organizzando una serie di amichevoli di lusso: Celtic, Racing Club Avellaneda, Spartak Mosca e Maccabi Tel Aviv. Match contro grandi avversari, per uno sport che ambiva ad ampliare i propri confini ed aprirsi al mondo.
Anche se, nonostante la qualità degli eventi regalati ai propri tifosi, alla piazza mancava quell’emozione rappresentata dal giocare contro uno dei giganti degli anni ’50. Da li, quindi, l’idea di invitare il Budapest Honvéd Football Club guidato da Ferenc Puskas, considerato il miglior giocatore ungherese della storia, poi passato a vestire la camiseta del Real Madrid per quasi un decennio.
Per una partita che per tanti aspetti sembrava il classico Davide contro Golia, nonostante i Wolves venissero da tre titoli consecutivi e fossero appartenenti al movimento inventore del gioco. A tutti gli effetti una vetrina e niente più anche se, in realtà, quel match ha finito col cambiare per sempre le sorti del calcio europeo.
“Campioni del mondo”
A scapito di tutti i pronostici, a vincere furono proprio i Wolves allenati da Stan Cullis per tre reti a due, raccogliendo attorno a sé l’attenzione sbigottita del pubblico e dei media internazionali, complice anche la decisione del governo britannico di trasmettere il secondo tempo in diretta sulla BBC, nonostante all’epoca solo le finali della FA Cup godessero di un lusso ed un’importanza simile.
Giornali inglesi impazziti e pubblico in delirio per un successo che, secondo il Daily Mail non poteva che dover incoronare i giocatori arancioneri come “Campioni del mondo”, dando risalto non solo al club ma a quei Tre Leoni finalmente capaci di avere il sopravvento sull’invincibile Ungheria.
Presa di posizione, se vogliamo, piuttosto esagerata, ma che, nella sua euforia figlia del momento, seppe catturare la curiosità di Gabriel Hanot, giornalista francese ed editore de L’Équipe, quasi spazientito da questa autoproclamazione di grandezza anglosassone, al punto da dichiarare: "Prima di dichiarare che il Wolverhampton sia invincibile, lasciamoli andare a Mosca e a Budapest. Ci sono inoltre altri club di fama internazionale: Milan e Real Madrid, per citarne solo due.
Bisognerebbe lanciare un campionato mondiale per club, o almeno uno europeo, più grande, più significativo e più prestigioso della Mitropa Cup e più originale di una competizione per squadre nazionali".
Idea che nel 1955 divenne realtà, portando alla nascita della Coppa dei Campioni, oggi meglio nota come UEFA Champions League. Il torneo più amato e seguito a livello internazionale, capace di rendere immortali proprio i club menzionati dallo stesso Hanot, quei Real Madrid e Milan saldamente in testa alla classifica delle società più vincenti di sempre nella competizione.
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Un momento del gioco nato grazie ad un’amichevole tra due squadre oggi neanche minimamente capaci di prenderne parte, a dimostrazione di come il tempo passi e cambi le gerarchie, come nel caso dell’Ungheria.
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