La Supercoppa italiana a Riyadh ci ricorda quanto sono influenti i Paesi del Golfo

Per la terza volta nelle ultime 5 edizioni la finale della competizione si disputerà in Arabia Saudita.

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La stagione 2017- 2018 è stata una di quelle annate sportive in cui la stella di Cristiano Ronaldo ha brillato più che in altre occasioni. Calciatore iconico capace, in quella stagione, di registrare numeri spaventosi: 26 gol in 27 presenze ne LaLiga e 15 gol in Champions League con la maglia del Real Madrid.

A valorizzare ancora di più i record personali di quella stagione, arrivò anche la conquista della “Coppa dalle grandi orecchie” contro il Liverpool, in uno dei tanti round a distanza per decretare la propria egemonia nel calcio su quella di Leo Messi.

In quel momento nessuno sarebbe stato capace di immaginare che una delle ultime tappe calcistiche del portoghese sarebbe stato il club saudita dell’Al Nassr. Dopo la finale contro il Liverpool Ronaldo fece intuire che il suo rapporto ormai viscerale con il Real Madrid darebbe volto al termine, qualche giorno dopo la firma di un altro accordo di natura diversa: quello del giugno 2018 tra Lega Serie A e Arabia Saudita, per rendere il più ricco degli stati del Golfo una delle location della finale di Supercoppa Italiana negli anni successivi.



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Due eventi apparentemente privi di connessione, ma complementari all’obiettivo delle nazioni del Golfo di ridisegnare la geografia del calcio moderno.

L’arrivo di Ronaldo a Riyadh coincide praticamente con l’ultima edizione ospitata nella città araba, prevista dall’accordo siglato nel 2018. Infatti, il 18 gennaio si giocherà a Riyadh la EA SPORTS Super Cup tra i campioni d’Italia del Milan e l’Inter, detentrice della Coppa Italia, e solo pochi giorni più tardi, il 21 gennaio, ci sarà il debutto casalingo di Ronaldo con la maglia dell’Al Nassr.

Il derby di Milano in Arabia Saudita non sarà appunto una novità per una competizione nata nel 1988, e che per 12 volte nella sua storia si è disputata fuori dai confini nazionali:

Ecco tutte le volte che la Supercoppa Italiana si è giocata all’estero:

  • 1993: Milan – Torino (Washington, USA);
  • 2002: Juventus – Parma (Tripoli, Libia);
  • 2003: Juventus – Milan (East Rutherford, USA);
  • 2009: Inter - Lazio (Pechino, Cina);
  • 2011: Milan – Inter (Pechino, Cina);
  • 2012: Juventus – Napoli (Pechino, Cina);
  • 2014: Juventus – Napoli (Doha, Qatar);
  • 2015: Juventus – Lazio (Shangai, Cina);
  • 2016: Juventus – Milan (Doha, Qatar);
  • 2018: Juventus – Milan (Gedda, Arabia Saudita);
  • 2019: Juventus – Lazio (Riyad, Arabia Saudita);
  • 2022: Milan – Inter (Riyad, Arabia Saudita).

Sta cambiando la geografia del calcio

L’elenco delle città straniere che hanno ospitato la Supercoppa italiana nell’ultimo trentennio permette di cogliere un aspetto ormai concreto: il centro di gravità europeo del gioco era destinato a cambiare e, ora più che mai, sembra si sia raggiunto questo scopo.

Il primo tentativo, fallito, fu mosso dagli Stati Uniti, seguito poi dal prepotente tentativo cinese, con il gigante asiatico che da anni ha provato a diventare il nuovo epicentro dello sport più seguito al mondo.

Se il tentativo cinese si è dimostrato fino ad ora solo un enorme dispendio di risorse, quello arabo (altrettanto oneroso) si è saputo sviluppare anche sulla base di legami politici ed economici con l’Occidente e ha goduto subito un’alba luminosa: il Mondiale. 

All’organizzazione dei Mondiali in Qatar, terminati appena qualche settimana fa, fanno eco le due edizioni della Supercoppa a Doha del 2014 e del 2016 e il fatto che tra qualche settimana assisteremo per la terza volta ad una competizione italiana ambientata in Arabia.

Ma perché la Supercoppa si gioca all’estero?

A ridosso di ogni finale giocata all’estero, parte della discussione sulla finale si focalizza sulle motivazioni che spingono la Lega Serie A ad organizzare una finale all’estero.

Come è naturale immaginarsi, l’idea che si sono fatti molti tifosi è quella del guadagno economico per i due club finalisti e per Lega Serie A. La realtà è invece ben diversa e ci proietta verso altri lidi.

Le dinamiche che porteranno i due club meneghini a scontrarsi a Riyadh rientrano nei confini dell’accordo che prevedeva l’organizzazione di tre edizioni della Supercoppa Italiana in Arabia Saudita entro il 2022 (il Covid ovviamente ha posticipato di un anno le cose), per una decisione che ha garantito a Lega Serie A dei proventi molto inferiori di quanto ci si possa aspettare.

Il budget da destinare a club e lega per ogni finale è di 7,5 milioni di euro, più del doppio rispetto a quanto all’incasso generato nelle precedenti organizzazioni in Cina, ma sicuramente non abbastanza da poter definire il peso economico l’unica giustificazione dietro allo sconfinamento nel Golfo della partita. Anche considerando che il 90% di questa cifra è destinata alle casse delle due finaliste, lasciando alla Lega solo il restante 10%.

Dalla finale di Tripoli a Riyadh, sempre per relazioni politiche

Tutto si costruisce all'interno di una cornice molto più ampia che va oltre il calcio, e che risiede nelle logiche della politica internazionale, degli interessi diplomatici e in mercati che trovano nello sport solamente un veicolo ed un pretesto.

Ne è un esempio lampante la più assurda delle ambientazioni della Supercoppa, quella del 2002 tra Juventus e Parma a Tripoli, capitale della Libia e di un paese che funge totalmente da mosca bianca in mezzo a partner più credibili e calciofili come Stati Uniti, Cina, Qatar e Arabia Saudita.

L’esecutivo in carica al momento della scelta era infatti il Governo Berlusconi, celebre per aver intavolato, in quegli anni, relazioni istituzionali proprio con l’ex presidente libico Mu’ammar Gheddafi, fino a giungere ai famosi Trattati tra i due Paesi nel 2008.

Episodio che dimostra come dietro a decisioni di questo tipo si celino spesso (sempre) trame ed intrighi internazionali molto più grandi della partita in sé e che hanno nel denaro un movente, ma non la ragione unica.

La zona del Golfo rappresenta infatti un punto nevralgico a livello commerciale, essendo ricca di giacimenti di petrolio, elemento definito non a caso “oro nero”, per la sua assoluta centralità nell’economia del mondo. Per questo motivo nazioni come Qatar e la stessa Arabia Saudita rappresentano un contesto imprescindibile per l’Occidente, che si parli di sport o meno.

Il caso della Supercoppa Spagnola

Da questo punto di vista l’Italia è stata un’apripista per altri campionati.

La Spagna, nella figura di Javier Tebas, ha resistito lungo alla tentazione di spostare alcune partite delle competizioni ufficiali prima negli Stati Uniti e poi in Asia. È così che anche la Supercoppa Spagnola verrà disputata a Riyadh esattamente come quella italiana, per la terza volta dal 2020 e per il secondo anno consecutivo.

Le ragioni spagnole però sono prettamente economiche, grazie ad un accordo che ha permesso a LaLiga di incassare la bellezza di 120 milioni in 3 anni.

Il 2023 inizierà quindi come è finito il suo predecessore: dal Mondiale in Qatar alla Supercoppa italiana a Riyadh, e successivamente con il debutto casalingo di CR7 nello stesso stadio della finale. I Paesi del Golfo stanno acquisendo sempre più credibilità all’interno delle gerarchie mondiali del calcio.

Se questo periodo sarà determinante per il futuro del calcio e segnerà un cambiamento totale di paradigma, lo capiremo nel giro di pochi mesi, quando verranno rivisti accordi come quello che ha portato la Supercoppa italiana in Arabia Saudita, ma soprattutto quando saranno valutate le candidature di alcuni paesi per ospitare eventi globali come i Mondiali, le Olimpiadi e altri eventi non solo sportivi.



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