Il bisht su Messi è la consacrazione del mondo arabo nel calcio?
Il primo mondiale in un paese arabo, e forse il più criticato di sempre, non poteva non chiudersi con un’altra piccola polemica.
Quando è arrivato il turno dell’ultimo calciatore a salire sul palco del Lusail Iconic Stadium per il rito della “consegna” del trofeo da alzare tutti gli occhi si sono poggiati ancora una volta su Lionel Messi, campitano della nazionale vittoriosa a Qatar 2022.
Ma subito dopo la consegna della medaglia e il saluto alle alte cariche presenti sul palco, il diez argentino è stato fermato.
Ancora un po’ di attesa per un’intera nazione che stava aspettando quel momento da 36 anni.
Oltre al trofeo realizzato dall’italiano Gazzaniga è comparso un altro cimelio che rappresenta benessere e regalità in una cultura per lo più sconosciuta a numerosi occidentali, quella araba.
Da quel momento, quasi ad oscurare il trofeo più importante a livello calcistico, tutti si sono chiesti cosa fosse e cosa rappresentava quella veste, tradizionalmente scura ma trasparente per l’occorrenza della FIFA World Cup, indossata da Messi.
Il bisht
A tre giorni dalla finale secondo i dati Talkwalker, il termine bisht è comparso in più di 100 mila digitazioni tra post, news e altre forme di comunicazione sul web, generando un engagement di oltre 1,4 milioni interazioni.
Tutte le parole collegate all’indumento tradizionale del Qatar erano riconducibili al Mondiale (Messi, Qatar2022, celebration, ecc…), ma che cos’è il bisht?
Il bisht è un indumento, un tradizionale mantello da uomo, di status associato a regalità, posizione religiosa, ricchezza e occasioni cerimoniali nella cultura mediorientale.
Tamim bin Hamad al-Thani è l’emiro del Qatar, appassionato di motor sport e di calcio e a capo della terza famiglia più ricca al mondo con un patrimonio stimato di 335 miliardi di dollari.
È stato uno dei primi emiri del Qatar ad aprirsi al mondo occidentale soprattutto attraverso lo sport, ha fondato nel 2005 la Qatar Sport Investments con cui amministra e gestisce alcune realtà sportive, tra cui il Paris Saint-Germain.
Al-Thani è stato colui che ha aiutato Messi ad indossare il mantello sul palco durante la premiazione e per alcuni attimi dalle immagini sembra aver messo a disagio il presidente della FIFA Infantino, co-aiutante nella consegna del trofeo, che ha quasi dovuto bloccare il sovrano del Qatar intento ad inseguire Messi fino all’alzata della coppa al centro del palco.
Il web si divide
Il gesto non è passato inosservato agli occhi del mondo, impossibile che fosse stato così.
Ancora non sono arrivati i dati ufficiali dalla FIFA, ma è quasi certo che la finale racchiuda un numero di telespettatori superiore al miliardo (1,12 miliardi la finale di Russia 2018), quindi la “vestizione” di Messi ha lanciato un messaggio importante al mondo occidentale, quasi a consacrare l’apertura al mondo
Secondo Mustafa Baig, docente di studi islamici presso l'Università di Exeter, ha commentato ad Al Jazeera che il gesto è stato “Un abbraccio da parte della cultura locale a Messi e al mondo occidentale", aggiungendo che è stata "Una cosa piuttosto interessante e un pensiero intelligente".
Chiaramente sul web sono piovute critiche ed elogi.
Sicuramente ai tifosi argentini in piena tranche agonistica per la vittoria, poco importava se il loro idolo alzasse la coppa vestito o in mutande, purchè venisse alzata da Messi infatti, alcuni di loro hanno anche acquistato il bisht nelle botteghe locali, vendite che sono sicuramente aumentate a dismisura.
Analizzando i commenti, c'è chi preferiva una premiazione classica priva di messaggi politici perché già fin troppo esasperati dalle critiche piovute addosso a questa manifestazione e ai risvolti che ne sono scaturiti, con le violazioni dei diritti umani in cima a questa ampia lista di critiche.
I commenti sul web provenienti dal mondo arabo sono chiaramente di apprezzamento.
Abdullah bin Bandar bin Abdulaziz Al Saud, il ministro della Guardia Nazionale dell’Arabia Saudita, attraverso il suo profilo Twitter ha attaccato “L’ipocrisia del mondo occidentale” per la scelta del sovrano del Qatar facendo un paragone con un altro numero dieci, Pelè, che nel Mondiale vinto dal Brasile in Messico indossò un sombrero.
Hassan al-Thawadi, segretario generale del comitato organizzatore della Coppa del Mondo del Qatar, ad Al Jazeera ha dichiarato: “È un vestito per un'occasione ufficiale e indossato per le celebrazioni. Questa è stata una celebrazione di Messi. La Coppa del Mondo ha avuto l'opportunità di mostrare al mondo la nostra cultura araba e musulmana. Non si trattava del Qatar, era la celebrazione di tutta la nostra regione”.
Forse una preparazione più dettagliata, come avviene in molti cerimoniali degli eventi FIFA, avrebbe creato meno impasse e il messaggio sarebbe passato diversamente, dopo una gestione comunicativa non proprio perfetta in alcune occasioni.
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