Come poteva diventare la Serie C

L’assemblea odierna ha visto bocciare la proposta della Lega, che comprendeva una regular season, una Poule Promozione e una Poule Retrocessione, più playoff e playout.

Si è svolta oggi l’Assemblea straordinaria dei club di Lega Pro con all’ordine del giorno la votazione dei club per approvare la modifica del format del campionato di serie C.

La proposta non è stata approvata, con 34 club che hanno votato contro il restyling del campionato e 24 che invece volevano questa riforma.

Durante l’assemblea i club hanno discusso ed approvato all’unanimità le proposte presentate relative alla riforma dei campionati, il progetto sviluppo dei settori giovanili e il progetto sulle Seconde Squadre.

Il presidente della Lega Pro Francesco Ghirelli: “Va preso atto del voto, senza se e senza ma, la proposta è stata respinta. Nessun commento da parte mia, solo la presa d’atto come è doveroso nel gioco democratico”.

Un torneo complesso

Quello proposto dalla Lega presieduta da Francesco Ghirelli era un format alquanto complesso, basato su un modello sportivo americano che avrebbe snodato il campionato di Serie C in tre grosse fasi. La prima sarebbe stata una regular season con sei gironi da 10 squadre. Una suddivisione fatta per favorire gli incroci fra corregionali e, quindi, trovare nel campanilismo la chiave per far crescere l’interesse intorno alle partite. A livello numerico, inteso come quantità di club partecipanti nulla sarebbe stato modificato: invece che tre gironi da 20 sarebbero sei da 10.

Questi sei gironi da 10 squadre avrebbero dato vita a un mini-torneo da 18 giornate, nove di andata e altrettante di ritorno. Al termine le prime cinque sarebbero stare reindirizzate nella Poule Promozione, le ultime cinque nella Poule Retrocessione.

Il concetto di Poule

A quel punto, dunque, si sarebbero ricreati i gironi: tre di Poule Promozione, sempre da dieci squadre, e tre di Poule Retrocessione. La prima, in buona sostanza, avrebbe avuto il compito a delineare la griglia dei playoff, unica componente del vecchio format confermata nella proposta di Ghirelli, colui che li allargò a 28 formazioni. Non sarebbero state più previste, infatti, le promozioni dirette in Serie B.

Anche nelle Poule (sia promozione che retrocessione) si sarebbero giocate 18 gare. Al termine le prime tre dei tre gironi sarebbero andate direttamente alla fase finale dei playoff, mentre le restanti ventuno squadre (le sette di ogni raggruppamento piazzate dal quarto al decimo posto) avrebbero dovuto iniziare il cammino per la Serie B sin dalla primissima fase.



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Per quanto riguarda la Poule Retrocessione, invece, anche qui sarebbe stata confermata l’idea dei tre gironi da dieci squadre. In questi, le tre ultime classificate sarebbero retrocesse direttamente in Serie D, mentre i club dalla sesta alla nona posizione si sarebbero dovuti sfidare in gare di andata e ritorno (6a contro 9a e 7a contro 8a) per salvarsi. Le sei perdenti sarebbero andare anchesse giù, per un totale di nove retrocessioni.

Per le squadre giunte nei primi due posti dei tre gironi di Poule Retrocessione si sarebbe materializzato, invece, il diritto di andare a giocare i playoff.

Playoff

La fase più seguita della C degli ultimi anni avrebbe mantenuto, per larghi tratti, la sua forma attuale, dividendosi in due fasi.

Alla prima avrebbero partecipato i 21 club peggio piazzatisi durante la Poule Promozione più i sei giunti ai primi due posti dei tre gironi di Poule Retrocessione.



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Si sarebbero disputati tre turni, in gara unica, che avrebbero ridotto il numero delle squadre da ventisette a sei. Al termine di questa fase, poi, si sarebbe entrati nel vivo della lotta per la promozione in Serie B.

A quel punto, sarebbero entrate in gioco, infatti, le nove squadre classificatesi fra i primi tre posti della Poule Promozione più la vincitrice della Coppa Italia di Serie C. Un totale di sedici formazioni che avrebbero formato quattro tabelloni da quattro squadre, con semifinali e finali a mettere in palio i quattro salti di categoria.

No dei club

I club, tuttavia, hanno detto no. Da anni si invoca, per la C, una riforma che riesca ad abbattere i costi (specie quelli fiscali, ndr), in favore di un aumento della competitività. Un fattore che, nelle idee della presidenza della Lega Pro, avrebbe potuto comportare un maggior interesse per la terza divisione e, conseguentemente, un incremento dell’incasso proveniente dai diritti tv.

Evidentemente, però, le società non si sono sentite pronte a sposare quella che, a conti fatti, più che una riforma era una rivoluzione, con tratti alquanto distanti da quella che è la cultura sportiva (ancor più che calcistica) del nostro paese.

Foto copertina credit Twitter @LegaProOfficial.



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