A Gazprom il calcio interessa poco
Ci sono storie di club che hanno vinto trofei nell’ultimo decennio che possono essere accumunate sotto una parabola identica.
Il club naviga in acque mosse a causa di una marea di debiti, arrivando praticamente a rischiare il fallimento. Ad un certo punto arriva una grossa compagnia con sede al di fuori del territorio europeo che sponsorizza e acquista il club. La società inizia ad acquistare giocatori di livello che riducono notevolmente il gap con gli avversari, fino ad arrivare a vincere qualche trofeo.
I casi degli ultimi anni hanno dei parametri ben definiti: le grandi aziende sono spesso compagnie aeree come Qatar Airways, Ethiad Airways o Fly Emirates. Oppure fanno parte del mondo delle grandi risorse energetiche, come Gazprom, ultima della lista a essere finita sotto i raggi X, ma soprattutto invischiata in problematiche serie e delicate.
Tutte le aziende extra europee con enormi interessi economici sono state attratte da uno schema consolidato. L’acquisto o la sponsorizzazione di un club di calcio in Europa è utile a: migliorare la propria reputazione all’estero, aggirare la cattiva pubblicità conquistando il consenso sul campo e con i bilanci, estendere il network di vendita con altri Paesi ed estendere quindi la rilevanza della propria nazione.
L’ultimo caso citato però, quello di Gazprom, ha una storia davvero interessante che manifesta più di altre come il calcio sia un mezzo più che un contenitore, per raggiungere scopi economici e influenza politica.
Le origini di Gazprom nel calcio
La Russia, come in molti sapranno, è la più grande riserva di gas naturale al mondo.
Molti giacimenti di gas artici, infatti, sono controllati da Gazprom, un’azienda guidata dal CEO Alexey Miller dal 2001 ad oggi, nata inizialmente come company privata fino al 2005, anno in cui è stato ultimato il passaggio sotto l’amministrazione del governo russo che ne detiene una quota di maggioranza.
Essere il CEO di un’azienda che produce gas naturale in Russia non deve essere un lavoro semplice, dato che la vendita di gas e petrolio ha rappresentato per la Russia il 40% delle entrate nel 2018, ed oggi la situazione non è cambiata.
Storicamente il gruppetto di Paesi più dipendenti dalla riserva russa è stato rappresentato da nazioni come la Finlandia, l’Estonia, la Lituania, l’Ungheria, la Polonia, la Bielorussia e la Repubblica Moldova.
Paesi confinanti o più vicini alla Russia rispetto alla “nostra” parte di Europa, quella che con i russi ha comunque enormi rapporti commerciali. Un territorio che da sempre ha costituito un’enorme attrattiva per la Russia. Un cuore del mondo con cui i sovietici si rapportano grazie ai buoni rapporti con alcuni Paesi, in un gioco delicato di equilibri utile a tenere alta la bandiera del business e della convivenza politica.
Una delle grandi mire russe e soprattutto di Gazprom è sempre stata la Germania.
Come spiega bene il media americano Vox, la Germania è una meta ambita perché ha permesso alla Russia di entrare nel mercato dell’Ovest. Un interesse verso la Germania nato nel 1999, quando i tedeschi, attraverso le parole del cancelliere dell’epoca Gerhard Schroeder, avevano espresso l’intenzione di abbandonare gradualmente carbone ed energia nucleare. Una condizione che ha portato la Germania ad avere maggior bisogno di energia come il gas naturale. Per arrivare in Germania però, il gas russo sarebbe dovuto passare attraverso i gasdotti dei Paesi confinanti, che avrebbero e che hanno, ovviamente, addebitato le tasse di trasporto alla Russia.
Tra questi Paesi, quello da cui passa più gas è l’Ucraina, un governo ed uno stato non proprio in ottimi rapporti con la Russia, che fino al periodo pre-pandemia addebitava cifre ai russi attorno ai 2-3 miliardi di dollari.
Per aggirare l’Ucraina, ostacolo economico e politico, la Russia ha ideato il progetto Nord Stream, un canale di trasporto che attraversa il Mar Baltico e che collega il gas direttamente nella Germania settentrionale.
Alla fine del 2005, quando Gazprom si trovava nella fase conclusiva della costruzione, in Germania erano impegnati col periodo delle elezioni governative. Schroeder, “l’amico” di Putin favorevole al progetto, non fu rieletto, ma poco dopo ottenne il ruolo di supervisore del progetto Nord Stream. La questione non tardò a diventare oggetto di scandalo a causa della notizia del prestito di 1 miliardo a Gazprom da parte del Governo per finanziare il progetto.
La preoccupazione di buona parte del popolo tedesco dovuta all’influenza russa che aumentava sempre di più, si ammorbidì notevolmente quando Gazprom, e quindi il governo russo, arrivarono in salvo dello Schalke 04, club della città di Gelsenkirchen tra i più antichi nel calcio tedesco. I debiti dello Schalke nel 2005 ammontavano a 100 milioni di euro. Quindi, si può tranquillamente dire che Gazprom, attraverso la sponsorizzazione della squadra nel 2006 ha evitato il fallimento di uno dei club più noti in Germania.
Lo Schalke è diventato così la base ideale per gli affari di Gazprom.
Gelsenkirchen, città sede dello Schalke, è il posto ideale come hub economico europeo per una realtà che mira a vendere gas al mondo: è situata nella Ruhr, il centro nevralgico dell’industria tedesca, ed è a pochi chilometri di distanza da Rehden, un paese che è anche la base dei gasdotti che si collegano al resto d’Europa, nonché sede di stoccaggio del gas per i Paesi dell’Europa occidentale.
“Lo Schalke 04 ha molti legami con il settore energetico tedesco, oltre ad avere molti tifosi. È per questo che abbiamo deciso di sponsorizzare il club”
Fu esattamente questa la motivazione di uno degli amministratori dell’azienda parastatale russa, per l’esattezza tale Sergey Fursenko.
Un’altra rotta del Nord Stream, il percorso di gasdotti ideato da Gazprom, è San Pietroburgo, città della squadra di calcio dello Zenit, altra squadra, indovinate un po’, legata a Gazprom. Nel caso del club russo, l’azienda statale è addirittura proprietaria dal 2005 del club.
Russia e Germania calcistica si incrociano per volere di Gazprom anche e soprattutto nel 2006, in occasione della presentazione della nuova maglia dello Schalke, resa nota al pubblico con un evento in grande stile prima dell’amichevole con lo Zenit. Ironia della sorte, nel 2011, anno in cui il progetto Nord Stream è stato portato a termine, lo Schalke ha vinto la Coppa di Germania e ottenuto la storica semifinale di Champions League, quando in porta c’era un certo Manuel Neuer e in attacco Raul in coppia con Huntelaar.
Una sorte simile è capitata anche alla Stella Rossa di Belgrado, squadra che aveva più di 22 milioni di euro di debiti nel 2011 quando Gazprom decise di diventarne sponsor.
Anche in questo caso c’entra un gasdotto del Nord Stream utile ad aggirare l’Ucraina, passando questa volta per la Serbia per poi raggiungere l’Europa Meridionale. Una tappa costruita nel 2014, ed è proprio quella tramite cui arriva gran parte del gas naturale che consumiamo in Italia.
La ciliegina sulla torta del progetto calcistico di Gazprom si chiuderà negli anni successivi con l’accordo commerciale con il Chelsea, la Champions League e la FIFA, quest’ultima partnership attiva per i Mondiali di calcio (l’evento sportivo con la maggior rilevanza mediatica al mondo).
Nel 2018, anno in cui è stato redatto il reportage da cui prende spunto una parte di questo approfondimento, la Russia controllava il 39% del gas consumato in Europa.
Gazprom e tutte le altre company globali che stanno investendo somme ingenti nel mondo del calcio ci devono lasciare una volta per tutto un messaggio ormai nitido: il calcio non è più esclusivamente uno sport innocente con il quale ingannare i nostri weekend e le serate infrasettimanali, ma è un’industria che mescola scenari sociali e politici al pari di altri settori molto più complessi di una partita che dura 90 minuti.