La Media House sarà il futuro della produzione di contenuti di un club di calcio?
La risposta al titolo dell’articolo non esiste.
È esigenza invece porsi questa domanda, e cercare di capire perché alcuni club europei hanno investito in questo senso.
La domanda corretta in realtà dovrebbe essere: la Media House è l’unico modo per produrre contenuti? Così diventa semplice rispondere con un secco no.
È proprio su questo punto che vogliamo ragionare. Capire come le società producono i propri contenuti sulle varie piattaforme, e perché alcune hanno scelto la strada della digitalizzazione quasi autoctona.
Come le società producono contenuti
Il concetto tanto abusato quanto vero del club come media company non nasce con l’esplosione dell’utilizzo dei social network.
Se facciamo un passo indietro, esattamente nel 2009, anno di creazione delle prime pagine Facebook dei club di calcio, possiamo intuire come questi canali venivano usati da semplice amplificatore della comunicazione istituzionale e informativa della squadra.
Negli anni si sono evoluti i social e di conseguenza l’utilizzo e l’esperienza degli utenti. Come un effetto domino, anche i club hanno cominciato a cambiare il tipo di produzione.
Quando la domanda di contenuti aumentava, e i classici uffici stampa non possedevano al suo interno skills per produrli, è stato inevitabile un cambio di prospettiva.
In questo senso le strade da percorrere erano due: ampliamento con nuove figure nello staff comunicazione, o collaborazioni con agenzie esterne e content manager.
Ma la quantità e la qualità necessaria per la gestione digital di un grande club oggi, dimostra come le 2 forme appena citate spesso e volentieri si contaminano.
Creando un ennesimo passaggio. Quanto e come potrà cambiare la produzione di contenuti in futuro? Difficile rispondere, forse meglio essere proprietari del proprio destino, e indicare una nuova strada.
È da questo ulteriore bivio che nasce l’intuizione di costruire una vera e propria agenzia di comunicazione del club, per creare ulteriore fonte monetizzazione (Bayern Monaco), o creare una nuova strategia di internazionalizzazione del proprio brand attraverso la produzione maniacale e innovativa di contenuti (Inter).
Ora analizziamo in breve, questi due modelli.
Il Digital e Media Lab del Bayern Monaco
La seconda priorità assoluta in Baviera, oltre ad avere una squadra tra le più vincenti in Europa, è quella di essere modello esemplare di business nel calcio. Aumentare le fonti di ricavo a lungo termine, un po’ come salvare l’ambiente con le energie rinnovabili.
Una cultura quella del Bayern Monaco, che si traduce nel progetto Bayern 4.0 e nel Digital e Media Lab: un vero e proprio laboratorio di produzione e distribuzione mediatica di proprietà del club.
Un hub creato proprio nel centro di allenamento, dove coordinare tutte le attività digitali (quindi non solo social), con l’obiettivo di diventare indipendenti in questo caso.
L’idea dei tedeschi infatti non è solo quella di creare una sorta di filiera interna di produzione di contenuti multimediali, ma anche di essere traino per altre realtà (sponsor) e media (un esempio è l’accordo tra il club e ESPN negli Stati Uniti).
Un giorno non troppo distopico, il Bayern potrebbe anche trovarsi nella possibilità di essere emittente dei propri match. In parole povere il passo successivo all’azienda di intrattenimento: un giorno il Bayern sarà proprio media di se stesso.
A dircelo praticamente è proprio Stefan Mennerich, molto convinto del potenziale di conoscenze del suo team.
Il totale capovolgimento del rapporto club – testata mediatica che osservavamo 10 anni fa.
La Media House dell’Inter
L’Inter è ancora un caso ibrido (staff comunicazione interna + agenzie), che mira a diventare una Media House indipendente.
Da tempo su Social Media Soccer non mi sono mai risparmiato nell’elogiare il lavoro svolto dall’Inter e l’agenzia di comunicazione milanese Alkemy. Citando Roberto Monzani sul palco del Social Football Summit: “L’Inter Media House è quella che pensa e scrive i contenuti. L’idea poi passa ai ragazzi di Alkemy che la rimasticano e la rendono definitiva”.
Questo è il processo che si realizza il più delle volte quando vediamo un contenuto sui canali ufficiali dei neroazzurri. Almeno fino ad ora, e ovviamente non per tutti i contenuti.
L’idea è investire su un team di persone ogni giorno presenti al Suning Training Centre, l’ex Pinetina, così da respirare a pieni polmoni l’interismo da raccontare sui canali ufficiali.
Un organigramma distribuito tra le più svariate competenze: nell’Inter Media House chi ha conoscenze editoriali beve il caffè insieme al grafico, al social media manager. Fino a contaminarsi con l’ufficio marketing.
Un’unione di intenti così diretta da essere un caso innovativo per l’Italia.
Inter Media House è un progetto che si posiziona in mezzo ad un fuoco incrociato: da una parte il fan che in un marasma di contenuti, ha bisogno di materiale sempre più personalizzato per essere fidelizzato e convertito.
Dall’altra parte la voglia di internazionalizzazione del brand: Inter Media House si pone nella posizione per creare contenuti utili al club ma anche al suo contesto. Una media company (l’Inter) che può così parlare e legarsi ai valori del territorio: la città con il suo design, lo stile e la moda.
Tutti elementi che possiamo trovare negli ultimi contenuti prodotti dal club, sia per le campagne di Natale che per gli acquisti estivi.
L’Inter quindi, più che una strategia stile Bayern verso la nuova monetizzazione, sembra punti a rivoluzionare format e modalità di fruizione.
Dopo un eccellente primo anno di Inter Media House si intravedono ancora grossi margini di miglioramento. Questo è il bello.
Per concludere e magari rispondere almeno in parte alla domanda presente nel titolo dell’articolo, un Lab o Media House, definiamolo come meglio crediamo, è progetto ambizioso che mira a migliorare la produzione interna di contenuti.
Come abbiamo visto, gli obiettivi che si possono perseguire con “la stessa macchina” possono essere diversi tra differenti club.
Ciò che non cambia è il concetto.
Moltiplicare, personalizzare e migliorare. Ma anche diversificare le figure professionali presenti così da completare il pool di ogni club. In modo per sopperire anche alla scarsità di agenzie di comunicazione esclusivamente dedicate al mondo sportivo.
Un rapporto per ora quasi obbligato dall’impreparazione interna di alcuni club. E ad un’evoluzione che ha bruciato step troppo in fretta.
La Media House infatti non sarà il futuro della produzione di contenuti, ma sarà il progetto necessario per farsi trovare sempre pronti ad ogni evoluzione che farà il mondo della comunicazione.
Luigi Di Maso