Juventus e Inter, il derby della brand identity
Juventus e Inter sono accomunate da una visione comune: quella di diventare brand globali che possano essere d’ispirazione per la propria gente.
Ovviamente portano avanti questo obiettivo con metodi e strategie diverse. Con attività e tono di voce che nel tempo ha subito diverse mutazioni.
I due club che ogni anno si giocano quello che è stato denominato “il derby d’Italia”, definizione che dipende in buona parte dal numero di partecipazioni in Serie A delle due squadre, sono accomunate anche da un drastico cambio logo e una rivisitazione alla propria visual identity.
L’identità di brand della Juventus
Quando la Juventus nel 2017 ha cambiato logo, decise di presentare il progetto al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano chiamando l’evento “Black and White and More”.
In quell’occasione furono invitati esponenti dell’arte, della moda e di altri settori abitualmente asimmetrici al calcio, ma l’orientamento alla contaminazione che vive e vivrà il calcio nei prossimi anni sta ribaltando diversi luoghi comuni, e la Juventus fa parte di questi esempi.
Anche il titolo dell’evento, che poi è il claim che ha accompagnato il lancio del nuovo logo e di altri touchpoint della Juventus come il concept bar, definisce bene l’obiettivo rincorso dal club con il cambio di identità visuale: la squadra di calcio del futuro può essere anche molto altro.
Un brand, un’idea, una visione capace di ispirare la propria community.
In un’intervista a Wired, Manfredi Ricca, Chief Strategy Officer EMEA & LatAm di Interbrand, azienda di brand consultancy che si è aggiudicata il bando per la realizzazione della nuova immagine della Juventus, spiegò il cambio logo “come un cambio d’abito”.
"Lo si fa per adattarsi a una nuova realtà, per veicolare un nuovo messaggio. Un messaggio che parla non tanto di cambiamento quanto di comprensione del mondo circostante, a cui necessariamente consegue la necessità di evolversi, di ampliare il brand in diversi mercati e in diversi Paesi. Tutti elementi che derivano dal piano strategico elaborato da Juventus".
La Juventus, così come l’Inter, ha cambiato logo per riposizionarsi in questo cambiamento d’epoca, ma anche per tutelare e proiettare nel futuro più di un secolo di storia e tradizione identitaria.
Per la Juventus cambiare logo ha significato presentarsi con una veste moderna ma anche aprirsi ad occasioni inedite.
Vuol dire trasformarsi in un brand di abbigliamento (subito dopo il lancio del nuovo logo è stata ufficializzata anche la linea “Icon”), vuol dire contaminarsi e contaminare altri sport come il basket NBA, fino a diventare un modello pop amplificabile grazie a campagne di star recruiting di personaggi come Rihanna, Donovan Mitchell, Peggy Gou, Martin Garrix e altri.
Black and white, and more, appunto.
Qualcosa che va oltre i 90 minuti, oltre alla mera fede calcistica, ma che stende l’invito identitario a livello globale o verso una particolare community.
Come successe proprio in occasione di uno Juventus-Inter del 2018, momento in cui la Juventus organizzò l’evento in cui l’ormai ex brand ambassador, David Trezeguet, presenziò alla “Juventus Night” durante il match NBA tra Brooklyn Nets e Toronto Raptors a New York.
Prima della partita casalinga dei Brooklyn, franchigia dai colori sociali identici ai piemontesi, è stato organizzato un Watch Party per assistere alla sfida giocata dall’altra parte dell’oceano tra il club di Agnelli e l’Inter.
Tutto ciò a disposizione dei tifosi dei Nets, in una cornice in cui venivano esposti alcuni dei trofei vinti dai bianconeri italiani, messi ovviamente in mostra per l’intero palazzetto per un’atmosfera unica.
Di lì in poi il club bianconero ha lanciato la propria linea di maglie da basket, comprato Cristiano Ronaldo diventando in breve tempo uno degli account Instagram di club di calcio più seguiti al mondo (In Italia più di Gucci), realizzato maglie a edizione limitata col cantante e producer Pharrell Williams o col brand streetwear Palace, fino ad arrivare a far camminare con le proprie gambe il brand collaterale, o sarebbe più corretto definirla una visione sul mondo: “Live Ahead”.
Live Ahead è il claim con cui la Juventus, come club e brand, vive il mondo quotidiano. Un mood che fa intuire come la squadra di Andrea Agnelli vuole posizionarsi: un modello di ispirazione per la community e per chi condivide alcuni valori come il coraggio, la voglia di essere innovativi e orgogliosi.
Sul sito della fondazione si legge: “Live Ahead è la nostra mentalità e il nostro DNA, dentro e fuori dal campo. Racchiude lo spirito del nostro scopo e l’autenticità dei nostri valori. Riecheggia in tutto ciò che facciamo, guidando le nostre azioni e proiettandoci avanti. E, soprattutto, sprona la nostra gente ad abbracciare questa mentalità”.
Il profilo Instagram Live Ahead racchiude tutti i contenuti che vanno verso questa direzione.
Dichiarazioni di giocatori scelti ad hoc e rappresentativi dello juventinismo che sembrano per lo più manifesti e manifestazioni del DNA. Playlist Spotify dei calciatori più spendibili a livello internazionale, e poi tanta moda e tanti volti di nazionalità differenti.
Il brand Juventus ha valori e identità in cui tutti possono rivedersi, ma allo stesso tempo si cristallizza in un’esclusività alla quale non tutti possono accedere perché living ahead non è alla portata di tutti.
Come recita la bio di Instagram: “Si tratta di scegliere come viverla”.
Il discorso dei brand con valori globalmente condivisibili ma “per pochi” adepti coraggiosi, ci apre al ragionamento sull’identità dell’Inter.
Un club che da statuto rivendica la sua internazionalità e la volontà di riunire tutti i fratelli del mondo, ma che ha accompagnato il suo cambio di visual identity col claim “Not For Everyone”, tradotto: non per tutti.
Un ribaltamento di paradigma da affiancare però ad un altro claim che più che per il lancio della nuova visual identity, vuole essere proprio l’inno del nuovo interismo: I’M INTER.
La Brand Identity dell’Inter
È passato praticamente un anno dal lancio della nuova identità nerazzurra che parte anch’essa dall’idea che un club di calcio, oggi, non è soltanto la sua declinazione sportiva, ma piuttosto un complesso di attività e proposte che incarnano valori e identità tramite il proprio stemma.
Il rebranding, in generale, rappresenta una delle operazioni più delicate, ma allo stesso tempo ambiziose che una società sportiva può mettere in piedi.
Una decisione che, per quanto inevitabile e talvolta necessaria per affrontare i competitor sul piano comunicativo a livello nazionale e internazionale, viene mal recepita dai tifosi per via del significato simbolico che il logo rappresenta per la storia del club e dell’identificazione che trovano in esso.
La nuova veste grafica per l’Inter non è solo il nuovo simbolo della società nerazzurra milanese, ma un chiaro segnale della direzione che il management ha voluto intraprendere per avvicinarsi ai top club europei come obiettivo nel medio lungo periodo.
Una strada intrapresa che vuole avere i suoi effetti a livello di merchandising e di sviluppo digitale del club.
Il nuovo logo dei nerazzurri è stato realizzato dal team di Bureau Borsche, uno degli studi più rinomati e conosciuti al mondo in tema di graphic design e già autore del rebranding di RIMOWA, Balenciaga e Highsnobiety.
La nuova identità visiva del club è stata rappresentata in questo primo anno con una narrazione che ha valorizzato l'espressione I M, "Io Sono", nata con l’obiettivo di contestualizzare la nuova identità visiva dell’Inter attraverso un linguaggio contemporaneo: I M Football Club Internazionale Milano.
Il nuovo logo richiama il primo stemma disegnato da Giorgio Muggiani pur rinunciando alle lettere "F" e "C" e valorizzando la "I" e la "M", identificative del nome (Inter Milano) con il quale il club è conosciuto all'estero.
Il rebranding si presenta come una rivisitazione moderna dello storico simbolo del club, in una veste più leggera e minimale, in continuità con la versione originaria ma più adatto ad integrarsi nell’era in cui l’intrattenimento è un’industria che racchiude in sè diverse sottoculture.
La visual identity parla chiaro e si rivolge ad un pubblico più ampio, giovane e con vocazione digitale. Innovativo, minimale, elegante e con un attento sguardo alle giovani generazioni di tifosi (principalmente millennials , ma soprattutto generazione Z e generazione alpha).
L’idea dei nerazzurri sembra, quindi, quella di costruire un nuovo logo più spendibile su diverse sfumature "commerciali", dai gadget allo streetwear, riconoscibile sui mercati esteri e identitario dei valori del club.
L’abbreviazione I M viene utilizzata per comunicare in modo diretto i valori e l'attitudine del Club ma diventa anche il modo per descrivere l'essenza di ogni tifoso interista senza nessuna distinzione.
Due lettere che insieme rappresentano un senso di identità raccontato a più riprese con contenuti che hanno celebrato la vittoria dello scudetto nella scorsa stagione e accompagnato i migliori momenti di questa stagione, la prima ufficiale in cui il logo ha preso possesso e spazio su tutte le attività commerciali e comunicative dei nerazzurri.
La nuova identità visiva esalta i valori fondanti del club e rinnova il legame con la città di Milano.
La narrativa I M è il risultato di un viaggio tra gli angoli di Milano, città che condivide con l’Inter una componente storica molto forte, simbolo di tradizione e innovazione, cultura e stile e basa il suo futuro sui propri valori e sul proprio carattere.
Il derby di Milano è stato più volte l’occasione ideale per raffigurare quanto appena descritto. Nell’ultima stracittadina addirittura questi principi hanno reso il terreno fertile per una collaborazione col rapper milanese Marracash, autore di un pezzo già iconico che manifesta l’amore e l’appartenenza alla città di Milano.
Un legame che va oltre il luogo di appartenenza del club perché l'Inter incarna in sé i valori della città: lo spirito internazionale, la propensione all'innovazione e al mutamento continuo, senza tradire però la propria essenza.
La narrativa ha inoltre coinvolto personaggi dello sport, dell'intrattenimento e della cultura che hanno prestato il proprio volto al racconto di questo importante cambiamento.
Valorizzando ed esaltando i colori blu e nero, rappresentativi della squadra, ed eliminando il richiamo in oro che nel corso della storia era stato più volte presente nei diversi loghi.
Il rebranding è solo la punta dell’iceberg di una strategia più ampia che punta ad un rinnovamento più strutturato che punta a posizionare i nerazzurri tra i brand più importanti a livello nazionale e capace di competere a livello mondiale.
I’M Inter racchiude lo spirito inclusivo del DNA del club dalla sua fondazione, ma questa volta lo declina in una forma in cui ognuno può esaltare la propria individualità, o meglio, solo chi ha il coraggio di fare propri alcuni valori, non a caso il brand Inter is not for everyone.
Quando la Juventus aprì il bando per offrire l’opportunità di candidarsi a lavorare al progetto del nuovo logo, la domanda a cui si chiedeva risposta era “Stiamo andando lì, in quella direzione, come ci vestiamo?”.
Inter e Juventus si sono poste queste domande e hanno cucito l’abito più adeguato alle proprie ambizioni.