Ecco lo stadio che inaugurerà Qatar 2022
“Bayt al sha’ar”, la tenda beduina simbolo di ospitalità per chi si muove nel deserto. Dove si può trovare ristoro e mischiarsi con la gente del posto. Nasce da qui il nome dello stadio Al Bayt, in Qatar, che il 21 novembre del 2022, tra poco meno di un anno, ospiterà la prima partita dei Mondiali di calcio. Un’edizione “invernale”, fino al 18 dicembre, almeno per chi lo guarda dalle nostre latitudini, visto che in questo momento là fa ancora un caldo infernale. Sarà inaugurato oggi, martedì 30 novembre, in occasione del via della Fifa Arab Cup: di fronte Qatar e Bahrein.
Lo stadio
E l’Al Bayt ricorda effettivamente una tenda beduina, per via della forma e del colore chiaro della sua copertura. Anche se in realtà si tratta di un’opera enorme, che si può vedere già a decine di chilometri di distanza percorrendo l’autostrada. La città più vicina è Al Khor, un centro in cui le principali attività sono la pesca e la lavorazione delle perle. Per spostarsi a Doha, la capitale, serve meno di un’ora di macchina.
Una “moderna interpretazione di una tradizione antica” lo definisce l’italiana Webuild, che fa parte del consorzio che si è occupato dell’ideazione e della costruzione dell’impianto. Accoglierà 70mila spettatori, coprendo una superficie di 200mila metri quadrati. Un contratto, si legge sul sito di Webuild, che “ha un valore di 770 milioni di euro, di cui circa 716 per la costruzione e oltre 53 per Operation & Maintenance”.
Le soluzioni di alta tecnologia si sono rese necessarie proprio per la “tenda”, la copertura mobile e l’infrastruttura che la regge, e soprattutto per il sistema dell’aria condizionata, così che non solo gli spettatori ma anche i calciatori possano giocare in condizioni climatiche sopportabili, senza che la variabile delle pesanti escursioni termiche che caratterizzano la zona incida sulla prestazione. Oltre che per far sì che lo stadio possa essere utilizzato tutto l’anno per eventi non sportivi. Già sappiamo che dopo il Mondiale, diventerà un hotel a cinque stelle, accompagnato da un centro commerciale, una palestra e un polo multifunzionale.
Una sezione di Aspetar, il principale servizio di medicina dello sport del Qatar, aprirà vicino lì vicino, insieme a piste di atletica, ciclismo e equitazione. In realtà l’Al Bayt, con le sue sale eleganti, gli arazzi e i tappeti tipici della cultura araba sembra già un hotel di lusso. Tanto che il Corriere della Sera, che lo ha visitato di recente, ha notato letti matrimoniali, cucine e bagni all’interno dei 96 skybox, che in pratica sono già degli appartamenti.
La crisi umanitaria
L’opera fa parte di un piano di investimenti enorme, che è difficile anche solo stimare. Ahmed Bin Nasser Bin Jassim Al Thani, membro della famiglia reale Al Thani, quella che controlla anche il Paris Saint-Germain, in un’intervista all’agenzia Tass ha parlato di 200 miliardi di dollari (circa 173 miliardi di euro) per le “spese preliminari complessive”.
Numeri che fanno impressione, soprattutto se riletti alla luce delle denunce e delle proteste per lo sfruttamento delle persone che hanno lavorato alla costruzione degli edifici. Anche questi sono numeri importanti, e gravi, che non è nemmeno possibile stabilire con certezza, gettando ancora più ombra sui cantieri di Qatar 2022.
Un anno fa il quotidiano britannico Guardian pubblicava i dati ricevuti da India, Bangladesh, Sri Lanka e Nepal, i Paesi da dove provengono la maggior parte dei lavatori migranti. Scriveva che dal “2010 al 2020 più di 6.500 migranti sarebbero morti in Qatar” e che la maggior parte di loro si era spostata proprio per lavorare alla realizzazione degli stadi e delle altre infrastrutture necessarie all’evento. Ma la lista dei Paesi non è completa, alcuni non hanno a disposizione o non hanno voluto fornire informazioni, e la tragedia potrebbe avere contorni ancora più ampi.
Far luce su quello che è accaduto è complesso. La Norvegia, che per altro è stata esclusa dai Mondiali insieme al fuoriclasse Haaland, è tra le Nazioni che si è spesa di più per analizzare, raccontare e denunciare la tragedia umanitaria. Pochi giorni fa due giornalisti dell’azienda radiotelevisiva di stato norvegese NRK, Halvor Ekeland e Lokman Ghorbani, hanno ammesso di essere stati rapiti e interrogati poco dopo la messa in onda di un loro servizio sulle condizioni dei lavoratori di Qatar 2022, e prelevati direttamente nei loro hotel prima che prendessero il volo di ritorno.
La tenda aprirà, però forse non è così ospitale.