L'evoluzione di una filosofia e la difesa della tradizione
Il 15 Giugno 1994 nasce a Bilbao Iñaki Williams Arthuer, calciatore spagnolo di origine ghanese. Una data importante ed un evento chiave, un assist perfetto per raccontare l’evoluzione di un club che rimane unico, o quasi, nel suo genere.
Iñaki è l’ultimo gioiello in casa Athletic Club, uno dei simboli principali della squadra e testimonial utile per disegnare il modello Athletic oggi. Qualche anno fa, era impensabile immaginare che un giocatore di colore potesse indossare la maglia biancorossa a strisce verticali. Invece, nel febbraio 2014, Williams segna il suo primo gol ufficiale contro il Torino in Europa League.
La storia di Williams definisce alla perfezione i confini di un “integralismo” che evolve, di un concetto che muta, cresce, si adatta ai tempi, al contesto storico, alle necessità di un calcio moderno che, per rimanere competitivi, ti spinge ad essere meno romantico e più concreto.
Crescere ed educare i talenti in casa
Troppe volte associato ad una questione politica, l’Athletic Bilbao è semplicemente l’espressione calcistica di una comunità, fiera, combattiva ed orgogliosa. Williams è l’idolo dei tifosi, è entrato nel cuore del popolo basco, non solo per il talento ed i gol, ma per un atteggiamento altruistico. Uno spirito di sacrificio che spesso lo porta a difendere nella propria metà campo, a rincorrere gli avversari, a combattere fino alla fine, più di spada che di fioretto. Non è una questione di origini, ma di cultura, di approccio e mentalità che acquisisci se cresci in un contesto come quello dell’ Athletic.
Proprio l’attenzione e la valorizzazione del settore giovanile è uno degli elementi che permette al club di rimanere autonomo, in qualche modo autosufficiente. La maglia può essere indossata solo ed esclusivamente da chi nasce in una delle sette province di Euskal Herraia o da chi, nonostante sia nato in una qualsiasi altra parte del globo, sia cresciuto in un settore giovanile di una squadra basca. Gli atleti si costruiscono in casa, per formarli da un punto di vista tecnico ed educarli nel rispetto dello spirito che contraddistingue la Società dal 1899.
Filosofia di lavoro e gestione virtuosa delle risorse. Per intenderci, i 30 milioni ricavati dalla cessione di Ander Herrera nel 2014, dopo il passaggio al Manchester United, vennero completamente “riversati” nelle attività delle giovanili. Tanti i calciatori talentuosi prodotti dal club, da sempre la valorizzazione del vivaio è un asset centrale nella politica di gestione dell’Athletic: Pichici, Javi Martinenz, Joseba Exteberria ed Iker Muniain solo per citare alcuni dei calciatori emersi da Lezama, la località dove si trova il centro sportivo di allenamento del club.
Una superficie di 147.600 mq capace di ospitare 6 campi, un palazzetto dello sport con campo da gioco in erba sintetica, residenze per i calciatori, uffici e strutture varie tra palestre, aree mediche e relax. Un vero e proprio gioiello in continuo ammodernamento. Ultimamente il club ha dato il via libera al cosiddetto Plan de Lezama con 12 milioni di euro destinati proprio al potenziamento delle strutture.
Lo sponsor sulla maglia dopo oltre cent’anni
L'Athletic è una delle pochissime squadre al mondo che è riuscita a mantenere “intatta” la maglia sino al 2008. Ma alla fine la globalizzazione arriva, prima o poi. Il primo accenno di cedimento, per i più tradizionalisti, avvenne durante la Coppa UEFA 2004-2005 quando sulle maglie ufficiali comparve la scritta Euskadi, rigorosamente in verde, per promuovere il governo basco. A quel punto l’UEFA, da regolamento, impose al club di utilizzare la stessa divisa anche in una competizione nazionale così che la dirigenza, per “salvare” la Liga, decise di utilizzarla in Copa del Rey.
Il primo vero tradimento per molti tifosi dell'Athletic avviene nel 2006. Con un totale di 365 voti contro 232, il club da il via libera per inserire lo sponsor sulla maglia ufficiale (la compagnia petrolifera basca Petronor) dopo oltre 110 anni di storia. Un duro colpo da assorbire per molti, una scelta inevitabile, effettuata sotto la presidenza di Fernando García Macua, per rimanere competitivi in un calcio in continua evoluzione.
L'Athletic volta pagina, perde sicuramente parte del suo lato ultra romantico ma conserva, comunque, quel legame straordinariamente viscerale con il suo popolo. Parlando di sondaggi, nel 2010, il club ne condusse uno tra i tifosi ventilando la possibilità di tesserare giocatori stranieri. Il risultato fu un eloquente 93% di risposte negative. La maglia si può anche “sporcare”, la tradizione e la filosofia del club no! In questo, l'Athletic, conserva il suo essere un ultimo baluardo. La voce dei 44.117 è ancora forte, capace di farsi sentire e rispettare.
In fondo, con questa specifica politica, è uno dei tre club spagnoli, insieme a Real Madrid e Barcellona, ad aver partecipato a tutte le edizioni della Primera Division; la squadra più titola di Spagna, sempre dietro alle due irraggiungibili, con un totale di 35 trofei complessivi (in attesa delle due finali di Copa del Rey previste il prossimo 3 Aprile contro la Real Sociedad per l’assegnazione della Stagione 2019/2020 ed il 17 contro il Barcellona per l’edizione della stagione in corso) suddivisi tra 8 campionati, 23 Coppe del Re, 3 Supercoppe di Spagna ed una Coppa Eva Duarte. Nessun trofeo europeo anche se, per due volte, ha sfiorato il successo perdendo le finali dell’allora Coppa UEFA nel 1977 contro la Juventus e nel 2012 contro l’Atletico Madrid.
Una dimensione nazionale forte, una prospettiva internazionale in crescita insita nel proprio nome: l’Athletic ha conservato l’h nel suo nome per evidenziare la sua origine britannica, eccezion fatta per il periodo franchista quando la Società fu obbligata a sostituire la parola Athletic con il nazionalista Atlético.
La dimensione moderna del club viene settimanalmente raccontata nel profilo ufficiale LinkedIn (9.814 utenti), uno degli strumenti di comunicazione online che consentono al Bilbao di esportare il proprio anche all'estero. Una fanbase forte, ovviamente radicata, ma in continua crescita, che fa leva sempre e comunque su un specifico sento di appartenenza, elemento distintivo della squadra. Parlando di dati questo il numero di fan che seguono il club piattaforma dopo piattaforma aggiornati allo scorso Lunedì 29 Marzo: Facebook 1.071.960, Twitter 910.891, Twitter @athletic_eus, 71.352, Twitter @athletic_en 34.178, Twitter @AthleticClubFem 3.435, Instagram 479.000, Instagram squadra femminile 42.100, Youtube 75.100.
L’impatto dell’Athletic Club sulla propria comunità
Linkedin, come detto, è il terreno ideale per i baschi per promuovere, dare visibilità e valorizzare le numerose iniziative sviluppate dalla Fundazioa, costituita nel 2002 con la missione di diffondere e creare valore in linea con i principi della Società, attraverso progetti legati a cultura, educazione, sport, ambiente. Un impatto che, contemporaneamente, ha effetti tanto sul territorio basco quanto a livello internazionale, grazie alla collaborazione con diverse organizzazioni. Parliamo di 40 progetti realizzati, 6.030 persone che ricevono beneficio delle attività della Fondazione in maniera diretta e 74.543 indiretta, 351 partnership con associazioni, enti pubblici e privati ed aziende, 59 sessioni settimanali fra le diverse attività nei settori elencati sopra, 164 imprese partner- dalle multinazionali alle attività locali più piccole - 4.146 sostenitori che supportano le iniziative con delle donazioni private e 197 eventi culturali svolti sin ora in Bizkaia.
Un legame con la propria gente che non è solo ideologico ma che è anche concreto.
Per statuto, ad esempio, i calciatori dell’Athletic devono sempre e comunque fermarsi con i tifosi per la firma degli autografi, per un saluto o una foto. Gli allenamenti sono costantemente aperti al pubblico (ovviamente non oggi in tempi di pandemia), perché il tifoso vale tanto quanto l’atleta. Può essere quindi definito un club con mentalità chiusa?
È tradizione che prima dei match particolarmente importanti, i cittadini di Bilbao e della sua provincia, vestano a festa le città e le strade con bandiere e festoni biancorossi, così come si fa nelle ricorrenze religiose. Si dice spesso che "il calcio è l’unica religione che non ha atei" e a Bilbao questa regola vale più che altrove.
Il club è entrato nel “futuro”, rispondendo all'ennesima sfida del calcio moderno, con un nuovo stadio avveniristico, demolito e ricostruito tra la fine del 2009 ed il Giugno del 2013. El viejo San Mamés ha dato origine al nuovo, nello stesso luogo. La Catedral, così è soprannominato da sempre lo stadio dell'Athletic, oggi può ospitare 53.000 persone all'interno di una struttura moderna, innovativa e spettacolare nell'architettura.
Nominato nel 2015 miglior edificio sportivo durante il World Architecture Festival, oggi è parte integrante delle bellezze architettoniche di una città splendida come Bilbao, meta di moltissimi turisti. L’illuminazione esterna del San Mamés è sicuramente uno dei tratti distintivi, con un sistema LED dinamico che consente al club di colorare il proprio stadio come vuole, spesso utilizzato con particolare maestria come strumento di comunicazione. È stato il primo stadio in Europa ad ottenere la certificazione edilizia sostenibile LEED – Leadership in Energy and Environmental Design, oltre ad ottenere le famose 5 stelle nella valutazione UEFA.
Raccontare l’Athletic Club significa mescolare sacro e profano, tradizione ed innovazione. Il club in parte si è piegato alle regole del calcio come business, ma ha il merito di aver protetto quei valori che ne fanno un modello unico. L’identificazione tra i calciatori, i soci e soprattutto i tifosi è unica nel suo genere.
Essere rappresentati in campo da uomini e donne cresciuti a "pane ed Athletic" è l’unico aspetto che conta, al di là di ogni strategia di marketing. Non esiste sponsor sulla maglia, non esiste calcio moderno che possa abbattere tutto ciò. La filosofia può mutare, i valori no. Quella de Los Leones rimane una battaglia costante di orgoglio per rimanere, con i propri principi, nel calcio che conta.
L'Athletic vuole vincere, ma secondo le proprie regole. Ancora oggi, i biancorossi sono sempre pronti a battagliare, partendo dal presupposto che, in campo non fuori, nella maggior parte dei casi, dovranno ribaltare il pronostico, buttare il cuore rojiblanco oltre l’ostacolo.
Uno dei figli prediletti del San Mamés dirà: “Solo a Bilbao è meglio arrivare secondi che vincere”.
Questa è la storia di un club che evolve, di un modello che rimane attaccato in maniera fiera alla propria unicità, capace di rappresentare un intero popolo.