La storia di Arianna Criscione: giocatrice e Women’s Sponsorship Manager del Paris Saint Germain
“Il mondo del calcio femminile è drasticamente cambiato da quando ho iniziato io. Ricordo che per trovare la mia prima squadra italiana dovetti inviare una mail a tutti i club del massimo campionato per richiedere una prova. Oggi gli agenti hanno tantissimi contatti, riescono a strappare importanti accordi per le loro calciatrici, è sicuramente un’altra realtà. Se dovessi rappresentare il momento del calcio femminile all'interno di un grafico non saprei esattamente dirti in che punto si trova, sicuramente è una traiettoria positiva, ma c’è ancora tantissimo lavoro da fare. Mentre alcune atlete hanno tratto grandi vantaggi dai nuovi media e dall'attenzione dei fan, ci sono ancora migliaia di ragazze che lottano per un'opportunità. Quando vediamo grandi calciatrici come le americane Rapinoe, Morgan o Lloyd, pensiamo -“Wow il calcio femminile ce l'ha davvero fatta” – ma se poi ci soffermiamo sulle loro compagne di squadra nella NWSL che devono condividere una casa per risparmiare oppure fare lavori part-time, ci rendiamo conto che il lavoro è appena iniziato”.
Inizia con questa riflessione, profonda e concreta, la nostra intervista ad Arianna Criscione, calciatrice statunitense, naturalizzata italiana, classe 1985 che oggi gioca al PSG ma che in passato ha vestito le maglie, tra le altre, di Twente, Torres e della Nazionale italiana all’epoca guidata da Antonio Cabrini.
Nel giorno della Festa della Donna, abbiamo voluto raccogliere l’esperienza e le parole di un'atleta e manager che ha visto negli anni cambiare il sistema calcio femminile all'interno del panorama internazionale e può offrirci un autorevole, anche se personale, punto di vista.
“Ho iniziato a giocare ad 8 anni e mi sono subito innamorata di questo sport. Ho avuto la fortuna di avere una famiglia che mi ha supportato in questo, non sarei qui oggi se non avessi avuto il loro costante appoggio. In realtà è stata mia sorella a trasmettermi questa passione, essendo la maggiore, l’ho presa spesso come punto di riferimento, lei faceva il portiere e così ho deciso anche io di mettermi in gioco in quel ruolo”.
Una storia che come spesso accade nasce da una passione che poi si trasforma in una carriera, in un lavoro, conquistato superando tante difficoltà.
“Il sessismo è ovviamente l’ostacolo più grande che tutte noi, prima o poi, abbiamo dovuto affrontare. I commenti degli uomini quando scoprono che sei una calciatrice professionista sono a dir poco spaventosi, di ogni tipo, stereotipi e pregiudizi. Allo stesso tempo l’omofobia è un altro problema, un tabù presente nel calcio femminile e diffuso a più livelli. Il pubblico ed i media sono interessati in maniera morbosa, quasi ossessionati, all'orientamento sessuale di una o più calciatrici. Il problema però è, paradossalmente, anche tra le calciatrici stesse. Mi è capitato di vivere una situazione assurda, difficile e che mi ha segnato. Anni fa in una squadra, ero una delle tre calciatrici eterosessuali e per questo le mie stesse compagne mi consideravano una estranea, non una di loro. È stato un episodio davvero doloroso per me, emblematico di quanto ci sia ancora tanto da crescere, non tanto a livello sportivo, quanto in termini culturali. Personalmente cerco di lasciare fuori la sessualità dal mio lavoro, credo che ciò dovrebbe accadere in qualsiasi contesto lavorativo. Se sei un grande giocatore, sei un grande giocatore, punto. A prescindere dal tuo sesso od orientamento”.
La chiacchierata continua spedita, Arianna ci offre davvero spunti interessanti, vissuti da dentro. Esperienze internazionali che l’hanno portata in giro per il mondo. Le abbiamo chiesto di indicarci alcuni nomi legati a persone che sono state importanti per la sua crescita, per la sua carriera, questa la sua risposta: “Piuttosto che fare una lista e lasciare fuori qualcuno, preferisco citare tutte quelle donne che giocano per passione. Le donne e le ragazze che lasciano il lavoro, guidano per ore, si allenano di notte, ritagliandosi uno spazio per seguire la propria passione ed ambizione. Tornare a casa alle 23.00 o più tardi, per poi rimettersi a lavoro il giorno dopo non è un qualcosa di semplice. Troppo spesso il movimento dilettante, l’attività di base viene dimenticata e con loro il sacrificio che fanno tutte queste calciatrici. Ci concentriamo sempre su pochissimi atleti ed atlete di livello mondiale, ma non sono gli unici, è importante valorizzare e dar voce anche a chi fa dello sport “solo” una passione”.
Arianna ha una visione a 360° del sistema, oggi svolge un doppio ruolo al PSG. Portiere e Women’s Sponsorship Manager: “Adoro il fatto di avere entrambi i ruoli e di essere in grado di fare la differenza dentro e fuori dal campo. Nel terreno di gioco sono un atleta "normale". Faccio ogni sessione di allenamento e partita come tutte le mie compagne di squadra. Il calcio giocato è sempre al primo posto. Fuori dal campo lavoro sulla creazione di opportunità di sponsorizzazione stand alone per la squadra femminile. Credo che sia essenziale che le sezioni femminili dei Club possano contare su flussi di entrate completamente dedicate a loro per lavorare in maniera indipendente, spesso, parlo per esperienza, ciò che serve ad una squadra maschile magari non serve a quella femminile e viceversa. Le aziende, oggi, sono decisamente più consapevoli del ruolo del calcio femminile e questo è un elemento davvero importante per la crescita di tutto il sistema. Inoltre, nel nostro caso specifico, il PSG ha una tradizione femminile importante, i potenziali partner conoscono il nostro valore e l’importanza di un brand internazionale come quello del Paris Saint Germain”.
In Italia le calciatrici diventeranno finalmente professionisti. La Federazione ha presentato un progetto per sviluppare e valorizzare il percorso calcistico femminile, Il Nostro Domani Ora 2021/2025. Il Mondiale 2019 ha dato un grande impulso a tutto il nostro movimento, pian piano stiamo crescendo ed il femminile sta conquistando il proprio spazio. Abbiamo chiesto ad Arianna, che in passato ha giocato alla Torres, un parere sul tema: “Sono molto contenta della crescita del calcio in Italia. Amavo vivere lì, vorrei essere più giovane per poter indietro e vivere questo splendido momento, questo nuovo inizio del calcio azzurro. Non so spiegare quanto sono felice che le donne vengano finalmente riconosciute come professioniste. È incredibile quanto tempo ci sia voluto, purtroppo. La maggior parte delle persone non si rende conto di quanto sia importante essere professioniste, non è solo uno status, significa avere le tutele base di ogni lavoratore, a partire, nel caso delle donne, della maternità. Ti permette di concentrarti sul calcio e di non dover svolgere lavori secondari per sbarcare il lunario. Per non parlare del fatto di essere riconosciuta per quello che stai facendo realmente come lavoro”.