Il Lecce torna in Serie B: intervista al presidente Saverio Sticchi Damiani
Innanzitutto presidente grazie per averci concesso quest’intervista.
Nella storia del calcio italiano il Lecce occupa certamente un posto rilevante sia per la forte identità e il legame con il territorio sia per la presenza durante gran parte della sua vita calcistica nei campionati che contano. La promozione in B è un traguardo importante. Come si è arrivati a questo risultato?
Diciamo che il risultato è frutto di una programmazione biennale. Siamo entrati poco più di due anni fa nel club, a campionato in corso. Al termine di quel primo segmento di campionato in cui non abbiamo potuto incidere come volevamo, abbiamo praticamente azzerato tutto: un nuovo direttore sportivo ha creato un nuovo gruppo di calciatori e abbiamo immaginato che in due anni quel gruppo avrebbe potuto raggiungere un risultato importante e così è stato. Quindi la risposta è: attraverso la programmazione, la programmazione biennale si è raggiunto questo risultato.
Quali sono i progetti per affrontare da protagonisti anche il prossimo campionato di Serie B, dove la competizione sarà anche con squadre che negli ultimi anni si sono spesso affacciate in Serie A?
Il campionato di Serie B è difficilissimo, molto diverso dalla Lega Pro. La Lega Pro ha delle sue peculiarità alle quali bisogna adattarsi. Fra essi gli aspetti ambientali. Una domenica giochi in casa con una cornice da A e la domenica successiva devi calarti in realtà piccolissime, tipiche di un campionato di Serie D. La B invece comincia ad essere calcio. Maggiori valori tecnici, un campionato più lungo e tecnicamente più valido. Bisognerà calibrare il progetto vincente che c’è stato in Lega Pro alle caratteristiche della Serie B
Si parla tanto di ritardo organizzativo e sportivo del calcio italiano rispetto ad alcuni campionati esteri. Quali sono secondo lei i gap principali da colmare e se ci sono?
Il tema principale per me è quello degli Stadi. Tranne pochi esempi di alto livello, c’è una situazione degli impianti sportivi che è assolutamente carente, ancora di più se vista in rapporto ad altre case history europee. Su questo ovviamente c’è bisogno di un cambio di marcia. Gran parte degli stadi italiani sono addirittura scoperti e si chiede alla gente, per 90 minuti, di subire le intemperie del tempo e della pioggia. Chiaramente questo allontana la gente dagli stadi e dalla possibilità di vedere lo spettacolo del calcio dal vivo.
Parlando appunto di stadi abbiamo visto da vicino alcune esperienze virtuose anche in serie B di stadi di proprietà. Ritiene che sia una strada che prima o poi dovranno percorrere tutte? Nello specifico quale è la strategia del Lecce?
Il Lecce proprio in queste ore sta ragionando su una strategia, in tema di stadio. Ancora non mi sento di dire quale percorso intraprenderemo, però è una scelta inevitabile. Noi abbiamo un impianto che è stato costruito nell’85, con una tribuna addirittura ancora precedente e che ha bisogno di interventi. Non si può pensare che il futuro sia tamponare ogni volta le emergenze. Bisogna andare verso una struttura nuova, accogliente, spero ugualmente capiente perché il territorio in Salento è vastissimo. Abbiamo avuto in Lega Pro dei numeri incredibili di media spettatori, circa 13-14.000, con picchi di 24.000. Presumo che in B si possa addirittura migliorare. Quindi c’è bisogno di una struttura nuova e confortevole ed al tempo stesso capiente. È chiaro che un progetto che va pensato ora e che si potrà realizzare nel giro di 2-3 anni.
Quindi ex-novo, non una ristrutturazione di quello che è il Via del Mare?
Diciamo che ci sono queste due opzioni sul tavolo, è prematuro dire in che direzione procederemo.
Alcune grandi società stanno facendo il bilancio di impatto, ovvero quello che evidenzia la ricaduta degli investimenti della squadra di calcio sulla comunità e sul territorio. Il Lecce ha mai valutato in questi termini la propria attività?
No su questo siamo ancora un po’ indietro, anche per il fatto di essere entrati nel calcio da poco tempo ed in una categoria che non dà grandissimo spazio. Adesso in Serie B è tempo di programmare e di andare anche in questa direzione.
Come sa noi ci occupiamo di comunicazione digital e social e attraverso la nostra piattaforma monitoriamo gli account di squadre e calciatori. Che ruolo secondo lei stanno assumendo i canali digital e social nel calcio?
Da un lato i canali digital e social sono un’opportunità, perché ti permettono di veicolare dei messaggi in maniera immediata e diretta nei confronti di tutti, non solo di chi può acquistare un quotidiano sportivo cartaceo. Quindi da questo punto di vista determinano un grande vantaggio. Certamente però permettono anche a coloro che non sono competenti o che non sono a conoscenza dei fatti di esprimere certi giudizi dal tono alle volte insindacabili e che in alcuni casi recano danno. Questo può rappresentare un problema per le società che inevitabilmente devono farsi carico.
Il Lecce ha un rapporto decisamente forte coi suoi tifosi. Come si inseriscono in questo contesto i social network all’interno di questo rapporto?
Noi curiamo molto la comunicazione social attraverso i profili della società. Su Facebook in particolare, oltre a pubblicare notizie e fotografie, abbiamo dei video maker che creano video dietro le quinte, fanno vedere al tifoso la vita quotidiana del club e della società da una prospettiva che difficilmente potrebbero vedere. Si tratta di contenuti esclusivi che hanno molto successo ed un alto numero di visualizzazioni. Per l’ultima partita, quella che ci ha portati in Serie B, abbiamo realizzato un video che è diventato virale. Inizia dagli spogliatoi, mostra tutti gli aspetti diciamo più nascosti e termina alla festa finale.
A tal proposito secondo lei quali sono le opportunità di marketing derivanti da una corretta e professionale gestione dei social?
Veicolando informazioni giuste, senza essere eccessivi a mio avviso, si può instaurare una conversazione costante ai tifosi, creando in questo modo una community ed un canale privilegiato che può produrre anche delle opportunità commerciali e di business. Senza abusarne a mio avviso.
Per quello che riguarda l’utilizzo dei social da parte dei calciatori: avete una policy oppure lasciate liberi ciascuno di utilizzare questi canali di comunicazione in maniera autonoma?
Tendenzialmente durante il campionato abbiamo lasciato liberi i calciatori di gestire liberamente i loro profili. In alcuni momenti cruciali della stagione, quando abbiamo avuto qualche criticità, abbiamo chiesto il silenzio stampa, estendendolo anche ai canali social dei calciatori.
Come ultima domanda: è favorevole lei al social training, ovvero ad una formazione all’utilizzo dei social network per i calciatori giovani e meno giovani?
Sì, sì perché no. Ripeto: con i social, come dicevo prima, si possono dare messaggi virtuosi e anche fare molti danni. Una buona formazione può insegnare a comunicare in maniera corretta e professionale.
Claudia Nardi e Massimo Tucci