I diritti tv a Dazn e il futuro del calcio tra tablet, app e televisione
Articolo a cura di Paolo Valenti
Con l’acquisto dei diritti televisivi delle prossime tre stagioni della serie A da parte di Dazn, il mondo del calcio del ventunesimo secolo ha fatto un ulteriore passo verso il cambiamento. Proviamo a vedere verso quale direzione tenendo conto degli elementi che, con maggiore evidenza, costituiscono degli evidenti tratti distintivi rispetto al passato.
A cominciare dalla piattaforma di fruizione dei contenuti. Come si sa, infatti, Dazn è un media che trasmette in streaming e tramite app. La possibilità di vedere le sue trasmissioni sullo schermo televisivo deriva da un trasferimento secondario dei dati verso i canali satellitari (come è stato con Sky fino a questa stagione) o verso il digitale terrestre. Per non perdere un’ampia fascia di audience rintracciabile nel pubblico meno all’avanguardia nell’utilizzo dei new media, Dazn ha stipulato degli accordi per poter essere visibile proprio sulla piattaforma digitale. Ma il passaggio ormai è fatto: il calcio dei prossimi anni sarà sempre più veicolato tramite web, applicazioni e social network, per venire incontro a target di pubblico più giovani che amano fruire di contenuti tramite device mobili, siano essi cellulari, tablet o pc.
Questo sembra essere il primo grande elemento di differenziazione col passato, ossia il diverso mezzo col quale poter vedere una partita di calcio. Non tanto per lo strumento in sé quanto per i significati che il suo utilizzo comporta. Guardare una partita su un tablet è possibile in piena autonomia, senza la necessità di incontrarsi con altri, in qualsiasi posto: in termini diversi, una fruizione più individuale del calcio, che fa perdere, almeno in parte, quel senso di appartenenza a una collettività che ha caratterizzato fino a oggi la visione delle partite. La preparazione dell’evento, che spesso comporta accordi per la scelta della casa presso cui riunirsi, del cibo da mangiare e dell’orario dell’appuntamento, viene stralciata a favore di un’agilità nella fruizione dei contenuti che non ha bisogno del gruppo per compiersi appieno.
Altro elemento caratterizzante che rientra nelle nuove abitudini di fruizione del calcio è quello della segmentazione delle immagini: si farà sempre più ricorso agli highlights, che hanno il vantaggio di presentare l’essenza spettacolare delle partite (gol e azioni più pericolose) in 2-3 minuti. In questo modo è possibile “vedere” più incontri e osservare i colpi migliori dei calciatori, probabilmente coltivando l’illusione di sapere tutto di giocatori e squadre.
Ma è vera conoscenza del calcio?
Sono sufficienti gli highlights per capire i punti di forza e di debolezza dei protagonisti del pallone? La loro psicologia, la loro capacità di sopportare lo stress emotivo e la fatica, il loro modo di essere funzionali a un tipo di gioco piuttosto che un altro?
Tutte valutazioni che hanno bisogno dell’attenta osservazione di diverse partite intere per poter essere espresse con cognizione di causa. Sicuramente è vero che lo studio approfondito delle molteplici informazioni statistiche oggi disponibili permette di fare molte delle considerazioni di cui sopra. È da chiedersi, però, se l’analisi dei dati sia sufficiente, nella sua astrattezza, per poter dare una conoscenza reale del calcio e dei suoi interpreti.
È un cambiamento di prospettiva che riflette le attitudini della società attuale che, per quanto riguarda target più giovani, denota la mancanza della capacità di concentrarsi su un’attività per tempi prolungati. Un deficit che il ricorso agli highlights ha la pretesa di appianare in un complesso sistema di causa effetto che porta la tecnologia a comprimere i tempi delle azioni creando il bisogno di consumare velocemente il maggior numero di contenuti possibile. Da qui l’incapacità a focalizzarsi su un singolo obiettivo per analizzarlo in profondità, la conoscenza del calcio come insieme di immagini e numeri da mettere in relazione per arrivare a una sintesi dei contenuti la cui aderenza a una comprensione reale del fenomeno è tutta da verificare.
Le immagini dei padri di famiglia che, con sguardo obliquo a dare un’occhiata ai bambini in bicicletta che scorrazzano ai giardini pubblici, tendono l’orecchio ai racconti radiofonici di Sandro Ciotti interrotti dall’enfasi di Enrico Ameri per un gol appena segnato a Tutto il Calcio Minuto per Minuto, sono fotografie in bianco e nero che hanno perso lucidità, ingiallite dall’accumulo di qualche decina d’anni che il progresso tecnologico ha reso equivalenti a ere geologiche. Le partite della domenica pomeriggio erano un rito collettivo al quale la carenza di immagini conferiva un’attrattività irresistibile, creava stimoli per l’immaginazione, avvicinava le persone: ”Scusi, mi sa dire cosa sta facendo l’Inter? Chi ha segnato del Napoli?”.
Domande rivolte a persone sconosciute che, per il solo fatto di avere una radiolina accesa, diventavano improvvisamente amici coi quali si sapeva di condividere qualcosa di grande, che accendeva emozioni. Afflati del cuore impossibili da non condividere che creavano una focalizzazione del pensiero su qualcosa di fortemente desiderato. Ore in attesa dei servizi serali sulle partite che, in televisione, lasciavano spazio a pochi minuti di discussioni che sarebbero continuate la settimana successiva nei bar, a scuola e negli uffici. Era una conoscenza più superficiale del calcio? O la condivisione collettiva che sosteneva quella specifica fruizione ne colmava la mole ridotta di informazioni?
Sappiamo ormai da tempo che l’applicazione della tecnologia nella vita di tutti i giorni ha cambiato, e continua a cambiare, i nostri comportamenti e il nostro modo di pensare. In quest’ottica, il trasferimento dei diritti TV a Dazn è sicuramente un passaggio epocale, capace di creare uno stacco generazionale netto ben superiore a quello a cui assistettero i nostri padri e i nostri nonni quando il calcio, dall’esclusivo racconto via radio, andò a rendersi visibile con la televisione.
L’aspetto più rilevante della questione, però, risiede nel modo in cui esso verrà vissuto dalle nuove generazioni.
Al di là dei media tramite i quali poterlo osservare, infatti, è in gioco l’impatto emozionale che il calcio eserciterà in futuro sui suoi appassionati: sarà ancora quel catalizzatore di emozioni che lo rende simile a una fede o a un grande amore per i suoi tifosi oppure diventerà l’ennesima offerta di intrattenimento che la società dei consumi renderà disponibile ai suoi clienti?